Terranova, la poesia contemporanea di Giò Sada

Qui OltreRock, oggi vi parlo di una delle voci più interessanti voci della musica contemporanea italiana, quella di un ragazzo di Bari cresciuto sul mare, il suo nome è Giovanni Sada e molti di voi lo ricorderanno certamente per la partecipazione ad XFactor nel 2015, dove uscì vincitore con il suo “giudice” Elio.
Giò ha fatto una scelta coraggiosa e assolutamente controcorrente, non lo abbiamo ritrovato patinato e plastificato su riviste e interviste strappalike (e strappalacrime!) ha seguito il suo intuito, è rimasto fedele a sè stesso e ha all’attivo (come solista, poichè ha collaborato con alcuni gruppi tra cui i BariSmoothSquad – con un disco davvero bello di cui vi parlerò, promesso) due album molto diversi tra loro, “Volando al contrario” del 2016 e “Terranova” del 2020, con un punto di contatto che è l’anima pulita che corre e scivola senza fine tra i testi sempre curati.
Terranova è stato pubblicato con lo pseudonimo Gulliver e l’intero lavoro è un viaggio, un naufragare nei pensieri e nella natura squisitamente umana e mai banale di Giovanni, che peraltro incontra non appena uscito il muro dell’ormai celeberrimo virus pandemico che gli impedisce un tour e silenzia la musica a livello mondiale (ma non la speranza e la grazia del disco).
Il primo singolo estratto si chiama “Cento Vite” e non vi nascondo che mi ha smosso fino alle lacrime.
Un pezzo intenso, brutalmente emozionante, musicalmente delicato, con un video semplice , il mare, lo studio per suonare live , c’è tutto quello che serve affinchè il cuore si riposi e possa contemplare.
Secondo singolo, ” Se non sono necessario”, un altro passo di questo cammino introspettivo che parte con una chitarra acustica che si incastra senza fatica con il testo.
Cercami soltanto
se non sono necessario
coprimi d’oro , voglio luccicare
così un secondo dopo affonderò nel fango
per capire gli ultimi, serve una ferita
serve l’occasione di sentirsi soli
Al minuto 3:43 c’è una registrazione di vociare di bimbi, si sente nettamente “a passi piccoli”, (spero di avere l’occasione e il piacere di domandare direttamente a Giovanni se fosse lui da piccino, vi aggiornerò), personalmente la memoria musicale mi riporta automaticamente alla fine di “Diamante” di Zucchero, che si chiude con la voce della nonna che chiama il nipote, un ricordo di spensierata gioventù.
Le ambientazioni musicali della traccia (ma in sincerità dell’intero disco, tranne ne “l’essere meccanico”) mi ci fanno pensare spesso, io ci sento qualcosa dello Zucchero anni 80. Poi fatemi sapere se sono le mie orecchie che vanno a funghi o avete pensato la medesima!
Continuo con il pezzo che vi ho citato sopra, “L’essere Meccanico”, con un video divertente (e un testo serio che ci fa ragionare sulla condizione umana) e una trama sonora che a mio avviso è un omaggio alla musica del grande Maestro Franco Battiato.
Ma l’amore è tutto quel che mi rimane
l’unico rimedio, alla costante perdita
di quel che mi distingue
da un essere meccanico
che non si chiede mai
perchè fa quel che fa
l’amore è una reazione di anticorpi
all’incapacità di essere macchine perfette
che fanno il loro compito in silenzio, in silenzio
Avanti con la prima canzone della tracklist “Vado con l’aria”, il titolo è stato ispirato da una signora che in dialetto barese chiedeva di essere lasciata in pace, l’aneddoto, che ci fa sorridere ma ci ricorda anche l’importanza delle radici, in realtà si stacca da un testo volutamente profondo e tutt’altro che ridanciano.
Molto bello il video, un’altra live session, nel testo io ci leggo molto disincanto su un progetto che non è riuscito proprio come ci si aspettava. O forse come gli altri si aspettavano dovesse andare se chi ha scritto il testo fosse stato un altro e avesse fatto altre scelte camminando in un’altra direzione.
“Ma che razza di finale” ha un testo che profeticamente (ma non volutamente, sia chiaro) si sposava anche troppo bene col 2020, continuo a pensarci ogni volta che la ascolto.
per difenderci da un mondo
che ci vuole soli
Continuiamo con ” Figli” .
Niente da fare ragazzi, questo ragazzo scrive col cuore in mano, un’anima antica, dai pensieri così saggi da essere purtroppo tristemente demodè per un mondo troppo spesso senza sangue (aka insipido, un voluto omaggio al dialetto barese) che corre veloce e pesta i sentimenti senza il minimo risentimento.
Le percussioni a tratti mi ricordano un battito cardiaco, (minuto 1.26 in poi, complice la memoria delle emozioni dell’ascolto alle prime ecografie dei miei bambini!?) che spettacolo di assonanza vera e propria col titolo, una vera finezza!
come se fossimo noi gli extraterrestri ormai
qui da troppo tempo
privi dei ricordi del cammino all’origine
e rimandiamo a domani che oggi ci godiamo questo sole
e rimandiamo a domani che oggi ci godiamo questo sole
E’ il turno di un’altra poesia con “Amaranto”, grandi domande irrisolte, un moderno contemplare sui massimi sistemi e chiude la fatica del nostro naufrago Giò la canzone che ci regala il titolo del disco.
Terranova è il punto di arrivo, o forse solo di partenza, di un ragazzo nato e cresciuto sul mare con una voce che incanta, potente, graffiante, complessa, che conforta l’anima.
Non vi è nulla nel panorama musicale italiano di lontanamente comparabile al talento di Giovanni, un artista incredibile che tutti dovrebbero avere l’onore di ascoltare almeno una volta nella vita.
Chiudo questo racconto con un pezzo che non fa parte del disco ma fa parte di Giò, un omaggio a suo padre Silvio Sada, a cui dedico questo articolo.
In alto il volume.
Marica_Oltrerock